lunedì 5 febbraio 2018

Gregorio



Il Sig. Gregorio uscì da casa verso le sette di quella mattina. Il cielo accusava i postumi d'un vento freddo che per tutta la notte l'aveva reso limpido e stellato; ora poche nubi bianche solleticavano un azzurro tiepido e il sole ancora faticava ad imporsi.
Gli autobus erano gialli e una fila ferma in sosta vietata colorava tutta la carreggiata destra costeggiata da un lungo marciapiede grigio.
Il cane della signora Adelaide abbaiava come ogni giorno a quella stessa ora. In lontananza le automobili sulla provinciale rialzata sfrecciavano rumorose lasciando nell'aria un odore di gomma bruciata e pietra.
L'orologio del Sig. Gregorio che per brevità d'ora in poi chiameremo Gregorio segnava le otto meno un quarto. Il suo braccio aveva una pelle come arsa dalle intemperie, secca e pure squamosa ma la si poteva notare soltanto avvicinandosi molto. L'avambraccio sul quale guardava frequentemente l'ora era popolato da pelucchi bianchi che s'arricciavano disordinati sotto la camicia di cotone e quella camicia di cotone era troppo leggera per il clima di quella mattina.
Alle dieci un aereo passò basso sulle strade e il rombo svegliò Malachìa, un bimbo ancora assonnato nel suo lettino di casa.
Gregorio guardò l'ora. Era puntuale. Salì i gradini del Municipio e percorse accaldato il corridoio n.7. Le pareti erano blu chiaro mentre il soffitto regalava ai passanti un bianco crema quasi commestibile se solo si fosse riuscito a raggiungere per assaggiarlo. Ogni sedia era al suo posto e il posto di ogni sedia era ai lati dei corridoi. Lì, queste seggiole con rotelle e schienale morbido, sapevano parlare e per ciascun passante commentavano il modo di camminare, l'abbigliamento e le facce, ma lo dicevano sottovoce come bisbigliando borbottando tra di esse.



Gregorio svoltò al termine della "via" girando a destra. Arrivò al primo piano dopo una rampa di scale in marmo lucido e bussò alla porta rosa. TOCTOC TOCTOCToC Aprì un gentile e alto paio di occhiali che con professionalità fece accomodare il signore sul lettino.
Sì, voi direte: un lettino all'interno di un ufficio? beh, sì; in quella stanza c'era un lettino comodo con le lenzuola bianche e una coperta molto calda sistemata sopra di esse di color marrone. 
Gregorio inizialmente si sedette per poi coricarsi lentamente senza svestirsi.
Uno, due...quattro...sei...trascorsi sette minuti esatti entrò Polby, il Maestro di Fiducia, e si accomodò sulla sedia a fianco del letto.
<Allora Sig. Gregorio, ben tornato. Ho qui i suoi sogni della settimana trascorsa e le posso dire in tutta tranquillità che lei sta migliorando>
<Bene> rispose con un filo di voce Gregorio
<Dobbiamo ritenerci fortunati, caro Signor Gregorio. Una semplice notte insonne e avremmo rovinato tutto!> 
Il Maestro di Fiducia ancora non sappiamo perchè, era solito parlare al plurale anche quando i sogni non erano i suoi e anche quando il paziente non condivideva problemi simili ai suoi. 
<Bene. Allora posso sorridere un po'...adesso?>
<Ma certo! Rida, Rida! Lei deve Ridere Caro Signor Gregorio! ma...adesso basta! smetta di ridere così. Basta! Non rida più di così, basta basta!>
Certo non potete averlo visto, ma immaginato sicuramente. Gregorio iniziò a ridere, a ridere e a ridere; la sua bocca si allargava e rimpiccioliva soltanto per riprendere fiato per poi stirarsi e sorridere e ridere ridere nuovamente senza ritegno. Il suo corpo si alzò felice e uscì salutando il Maestro con falcate da atleta. Scese le scale e corse per il lungo corridoio. Tutte le sedie rimasero sbigottite da tanto clamore e qualcuna si offese per quella attempata maleducazione.

Rosso.
Il semaforo era rosso.
Il nostro Gregorio tratteneva a fatica manciate di risate che comunque sbuffavano fuori come esotici gayser sonori.

AHHAHahah...
...aaHaAHAHaHAH
..ehEHEhEEHEHE...
AhaH!..

Verde.
Il semaforo era verde.
Il nostro Gregorio oltre che ripartire per la via ricominciò a ridere senza scrupoli. In fondo era pur verde il semaforo!

BAuBAU bAHHU


Cani per strada.
Gregorio tornò a casa.
Si tuffò nel bagno e guardandosi allo specchio vide la sua faccia ridente. Osservò le migliaia di rughe provocate dal riso incontrollato. Per l'euforia notò scendere dagli occhi e dalle orecchie lacrime che per anni aveva dimenticato potesse accadere.
Cercò di padroneggiare questa sua nuova situazione comica e decise di guardare vecchie foto dagli album di famiglia. La cosa però, anzichè provocargli malinconia e frenare l'impulso ridanciano, acuì le risate trovando facce buffe in ogni scatto.
"Guarda quello lì!" ahhahahah..."Ma quello è..." uhuuhhuhuhu..."Ma dai! Non è possibile!", pensava e rideva.
Chiuse l'album dei ricordi ridendo a crepapelle.

Ore 16:00
Gregorio era riuscito a cucirsi le labbra con il filo interdentale e s'apprestava ad uscire nuovamente da casa per tornare dal Maestro di Fiducia.
Corridoio - scale - porta -
TOcTOC!
Aprì una banana alta quanto il nostro Gregorio.
<Posso aiutarla?>
Gregorio sfilò in un attimo la cucitura grossolana alla bocca e rispose
<Sì, avrei urgente bisogno del Maestro>
<In questo momento il Dott. Polby non è qui. Può attendere seduto su quella panca.>
Nessuna rivista, nessun vecchio giornale lì su quel piccolo e basso tavolino di vetro.
Gregorio cominciò ad annoiarsi e iniziò a fantasticare con la mente...




Verdi colibrì, a centinaia, a migliaia tutto attorno. L'aria era calda. Un'immensa distesa di sabbia color dell'oro faceva da enorme tappeto alla scena. Din Dinghe Ding Dinghe diN D ...un carro in legno si fermò.
<Ehi voi! Chi siete?>
<Mi chiamo Gregorio. Sto aspettando>
<E cosa aspettate?> domandò l'uomo con la folta barba nera che guidava il carro.
<Aspetto il Maestro, il Maestro di Fiducia>
<Ah! Siete qui per questo. Allora dovrete attendere molto. Il Dottor Polby è partito per una missione assai difficile: il suo cane si è ammalato pochi giorni fa di un male misterioso. Il dottore, con la sua valigia rossa e il suo paio di occhiali, è andato oltre il confine del deserto per cercare Il Rimedio. Secondo il Libro delle sventure il malanno sarebbe un intenso attacco di riso che poco alla volta porterà il cane a perdere le due guance e la mascella. Il cane perderà l'uso della parola e il suo cuore smetterà di battere per sempre. Solo con l'aiuto del Rimedio il povero animale potrà salvarsi. Dunque, come dicevo, dovrete attendere un bel po' prima che torni il Maestro. Sarete in grado di aspettare così a lungo?>
<Aspetterò> rispose assorto Gregorio.
Il carro proseguì lungo il sentiero che forti raffiche di vento viola avevano disegnato sulla sabbia.
Iniziò a piovere. Non era pioggia bagnata. Piovevano ombrelli aperti. Calavano dal cielo delicati come fiocchi di neve ed era un piovere asciutto. Gregorio si guardò attorno e ad ampi passi raggiunse una cascata d'acqua dolce dove riuscì a ripararsi dalla pioggia. I suoi occhi erano diventati di un blu ceruleo e l'ombra che creava l'acqua della cascata sulle pareti di sabbia era illuminata dal suo sguardo. In quella poca luce il suo sguardo luminoso vide un cammello attaccato ad uno scoglio.
<Ma tu sei un cammello?>
<Ti sembro forse un arnese?> rispose il cammello alzando un sopracciglio senza smettere di bere dalla roccia.
<No. Mi sembri proprio un cammello, ma sei molto più piccolo di un cammello! Quanto sei alto?>
<Dieci.> Fu la risposta annoiata e distratta data a Gregorio.
<Dieci che?>
<Ma perdinci! Dieci centimetri! Ti sembro forse alto dieci metri?>
<E perchè te ne stai lì a bere attaccato a quello scoglio sotto una cascata?>
Il cammello non rispose. Sbuffò soltanto. Poi, alzò gli occhi al cielo e riprese a bere a modo suo.
<Dimmi un po'...> Disse il cammello rigenerato dalla bevuta.
<...ma tu che ci fai qui?>
<L'ho già detto all'uomo del carro. Sto aspettando il Maestro. Il Dottor Polby.>
<Ma dimmi un po'...e perchè lo stai aspettando? Che cosa vuoi da lui?>
Gregorio ci pensò su per dieci secondi prima di rispondere e poi disse: 
<Rido! Non mi do pace! Da quando ho saputo dal Maestro di fiducia che i miei sogni erano migliorati ho voluto provare a sorridere un pochino per la notizia. Ho continuato con una bella risata (che non facevo da tanti anni) e una bella risata dopo l'altra proseguì tutto il giorno senza smettere. Insomma, io continuo a ridere anche se non sono allegro, anche se non provo contentezza e gioia. Rido continuamente come un ebete sul ciglio di un dirupo. I miei occhi implorano compassione e la mia bocca senza alcuna pietà deride, schernisce! È un riso amaro, stupido, innocente e ignorante. Ridere così sta logorando la mia mente e ho bisogno dell'aiuto del dottore. Ecco cosa voglio da lui!>

<Mmmm...> fece il cammello pensieroso intento a riflettere sulle parole pronunciate da Gregorio.

Il forte vento spinse via la pioggia asciutta. Gregorio salì i gradini, gradini di una scala di sabbia. Volavano ciabatte di velluto nero tutt'attorno al nostro amico come un vortice, una danza allegra ascendente. Le mani grosse del signore presero al volo una di quelle ciabatte alate e questa, pareva aver un segreto da confessare. Così egli l'avvicinò al suo orecchio: <Io so dove trovare il Dott. Polby> disse la creatura bisbigliando. 
<Dove?> Urlò Gregorio in piena agitazione.
<Devi seguirci. Continua a salire fino a quando troverai un grande prato fiorito. Una volta arrivato cerca il fiore con i petali rossi. Non sarà facile, ti avviso, ma quando avrai trovato Quel fiore tiralo delicatamente verso di te senza strapparlo alla terra. Se sarai stato gentile l'erba sotto i tuoi piedi si aprirà come una simpatica botola e da lì, da quel passaggio segreto potrai raggiungere un'antica strada scorciatoia che ti porterà molto vicino a trovare il Maestro di Fiducia. Scoperta la via giusta percorrila senza esitare evitando di guardare indietro. Adesso! Forza! Presto!>

Gregorio, tutto sudato aveva due occhi grandi pieni di speranza e coraggio.
Salì.

CONTINUA...









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